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copertina 9788878485549 Atto di vita nascente

Atto di vita nascente

Author:  Maria Grazia Calandrone
LietoColle, 2010
ISBN: 978-88-7848-554-9
Formato: 17 x 24
Pagine: 84
Atto di vita nascente è un libro generato da un’occasione catartica. Catarsi dal greco katharsis κἁθαρσις, “purificazione” è un termine utilizzato per indicare la cerimonia di purificazione che si ritrova in diverse concezioni religiose ed in rituali magici che prescrivevano di solito il sacrificio di un capro espiatorio (Wikipedia) allo scopo di addivenire a qualcosa di ulteriore che assuma una forma di maggiore purezza. L’espiazione polarizzata nel capro ne fa l’oggetto rituale dell’impurità da cui si vuole prescindere. Anche il capro in quanto razza animale ha un valore simbolico importante. E’ il segno zodiacale il cui geroglifico viene definito firma di Dio, proprio per via del suo definitivo valore trascendente e conclusivo nell’arco dell’anno. E non a caso questo periodo nella cristianità coincide con la nascita del Cristo, il simbolo sacrificale per eccellenza. La catarsi è quindi un’occasione reale di trasformazione recata al destinatario per le vie inconoscibili del caso o del destino. Una sorta di nascita a posteriori, alla fine di un percorso tanto dato, quanto misterioso. Simili occasioni possono capitare una o due volte o forse mai, nella scrittura di un poeta come nella vita di ciascuno. Atto di vita nascente è un libro che sembra scritto nell’ambito di un tempo ristretto attinente un rito, un tempo che non c’entra con le date pure presenti, in cui una somma di coincidenze non fortuite, richiamano il presente di quella scrittura nel gorgo della sua provenienza in una spirale che la riconduce, mi pare, a esprimere al meglio il suo senso primigenio. Quello che esiste prima della parola, nell’ora di questa scrittura, trova una dicibilità di ritorno, la catarsi che il compimento richiede rispetto a quanto l’avanzata del tempo ha espropriato al suo primo afflato. Ciò che ha espresso irripetibilmente l’inizio insieme di corpo e presenza al mondo di chi lo abita, qui ritorna in una complessità flebile e sostenuta, in cui versificare è un arbitrio sulle cose, conosciuto il costrutto e trasceso in una dizione che le conosce di nuovo per la prima volta. E’ la bestia multiforme di quanto è senza rimedio a comparire dall’inizio, emersa da un panorama fluviale di verzure e acquitrini, metamorfica come un dato reale in un tessuto che diviene ora per ora il ritorno al passato generativo, il disegno di un incedere femmineo ora di cerva, ora di mula, ora di lupa, narrato dalla “voce nuda degli oggetti che aspettano giustizia”, dalla timbrica annosa dell’attesa di rinascere che ha destato poeticamente la bestia per cedere ad essa l’incipit della narrazione. Ed è una bestia decidua, quella del principio: cade di continuo e germoglia, e in questo caso solo per rivelarsi essere la fervida umanità di una donna fiorita “per bisogno di luce”. Il richiamo della bestia nella carne umana è un’ostensione inalienabile al dolore di qualsiasi soma, una pena “edificata nel bianco della stortura umana” una richiesta di “pietà per la cagna che pascola il suo corpo senza pietà”. E’ soltanto l’amore che ha la possibilità di velare e disvelare nel corpo questa frattura e che ne ibrida il numero e il genere in una moltitudine fratta di selvagge libertà che prendono “d’erba e di mandrie” fino all’estremo di una consapevolezza tanto improvvisa da abbagliare ”Se la bestia pensa/lo dovetti pensare, mi mancava il coraggio, che la luce che sta nel fondo delle cose è senza me stessa”. La luce sta nel fondo delle cose senza alcunché o altri che la testimoniano ma pure visibile da chi guarda con la stessa luce di dentro “nel petto/con che dolore contrattasse le mattine/la mia luce di dentro, quale pietà chiedesse a quale mai/ precoce intelligenza.” Se La bestia bianchissima riposa è l’apertura di un libro che ha l’intenzione di principiarsi come testimonianza dell’irrimediabilità che lo ha generato, le poesie che seguono, raccolte sotto il titolo Primo amore iniziano all’ascolto di una poesia che solo grazie alla consapevolezza dell’incontro con la bestia, assume con pienezza la sua vocazione conoscitiva.
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