Una scena già vista si svolge davanti ai suoi occhi. Il tragico episodio riconduce a una ferita mai cicatrizzata. La fuga improvvisa seguita dal silenzio, un addio senza spiegazioni, poi una lapide abbandonata come unica testimone. Su tutto un velo di mistero e l’ombra di una dannazione.
Il ritorno dopo vent’anni. Vecchi legni e pietre consumate dal tempo ad accogliere nuove idee.
Progetti per guarire: da cosa? Tre giorni per dare nuovo impulso a una vita che scivola dalle mani.
Tre giorni appena per ritrovare il filo di una esistenza. Il protagonista si sente al bivio di scelte ormai inevitabili, sia sul versante privato che quello professionale. La sua vita suona come uno strumento fallato e il ricordo di un amore ferito, che da sempre tenta di arginare, riemerge a metafora e maledizione della sua esistenza incerta e disorientata. Tornare significa anche sprofondare in quell’anatema che lo perseguita. La pace del villaggio nasconde verità bugiarde, immergersi nella sua quiete significa anche sprofondare lentamente in una surreale allegoria. Sulle case, come sui personaggi di quel grottesco palcoscenico, una coltre di fantasmi è scesa a confondere sentimenti e valori.