ll tema della palazzina romana d’autore è di strettissima attualità e rappresenta un vasto campo di studi ancora non del tutto esplorato. Perché definire irruente ed anche sbadata la palazzina romana? Perché, in fin dei conti, nel contesto delle palazzine d’autore (che la presente raccolta documenta e tratteggia), queste rappresentano la restituzione perfetta della forza (irruente) e della trasgressività (sbadata) della palazzina di qualità, nel susseguirsi monocorde di incongrue volumetrie della città. La questione ruota soprattutto attorno alla conoscenza ed alla valorizzazione di tale tipo edilizio per troppo tempo dimenticato ed a lungo considerato con toni dispregiativi. Se un errore è stato commesso finora nei giudizi sulle palazzine del Novecento (soprattutto quelle d’autore), esso riguarda proprio la scarsa propensione a far appartenere tali beni alla categoria dei beni inclusivi, perché l’inclusione è un processo dinamico e multifattoriale, teso a creare reti di legami significativi che favoriscono la partecipazione attiva ed organica di tutti soggetti preposti agli ambiti fondamentali del processo delle buone pratiche.
Suddivisa in tre parti, la presente pubblicazione raccoglie i contributi di architetti ed ingegneri (Elisabetta Pallottino, Paolo Portoghesi, Mario Panizza, Giorgio Montefoschi, Franco Purini, Vieri Quilici, Giorgio Piccinato, Paolo Micalizzi, Maria Grazia Bellisario, Renato Giannini, Silvia Santini, Maurizio Ranzi, Vincenzo Codecà, Roberta Rinaldi, Daniele Micozzi, Diletta Passàro, Ghisi Grütter, Carlo Maltese, Maria Novella Tasselli, Alberto Raimondi ed Alfredo Passeri) che hanno voluto testimoniare – non solo in occasione della loro partecipazione ai due Convegni sul tema, presso l’Accademia di San Luca (2013) e l’Università Roma Tre (2014) – quanto la palazzina d’autore sia un bene che appartiene alla cultura della città. In particolare, la sezione conclusiva è dedicata ad inediti interventi che completano mirabilmente l’impalcatura del volume.