Il concetto di laboratorio, fecondo all’interno del movimento delle scuole nuove e sviluppatosi in Europa e negli Stati Uniti tra la fine dell’800 e la prima metà del ’900, ha in John Dewey lo sperimentatore più attento e fattivo di un nuovo modo di pensare e soprattutto di attuare l’educazione.
La rilevante presenza del pensiero deweyano, nel panorama pedagogico del ’900 ed oltre, si giustifica pienamente alla luce di due fondamentali direzìoni della sua elaborazione pedagogica: l’opzione per una metodologia di apprendimento fondata sulla ricerca e, dunque, su un percorso conoscitivo ispirato al principio della libera investigazione; la definizione di un modello scolastico rinnovato che, nell’ambito del suo esercizio, diventa centro propulsore di democrazia.
Nell’analisi deweyana, infatti, il concetto di laboratorio si pone sia all’interno del progetto di riforma del modello di apprendimento sia all’interno di quello della scuola.
Muovendo da tali premesse, il lavoro analizza le origini del concetto di laboratorio pedagogico sia nelle forme iniziali date dal pensiero di Dewey, sia nelle modalità attraverso cui questo modello pedagogico è stato applicato all’esperienza italiana da Francesco De Bartolomeis nel tentativo di stabilire, oltre al suo significato più autentico, se esso sia qualcosa di estraneo al curricolo, se Io amplia arricchendolo, o se addirittura può configurarsi curricolo stesso.