Paragonata alla prosa degli scrittori otto– e novecenteschi, la lingua poetica del Decameron di Giovanni Boccaccio (1313–1375) è contraddistinta nella sintassi da una cospicua frequenza di strutture concessive e causali. Considerando questa osservazione empirica, si pone una domanda semplice ma essenziale: perché e a quale fine? A questo quesito si cerca di rispondere dimostrando che esiste uno stretto rapporto logico tra i detti tipi di connessione sintattica, la composizione poetica dei racconti, il genere letterario della novella e il macrotesto del ciclo nella sua interezza. Le singole analisi sono dedicate a una decina di novelle e alla vistosa figura retorica del triplice ricorso narrativo a un proverbiale asinus in fabula. La relativa esposizione si basa sul manoscritto originale miniato dal Boccaccio su pergamena negli ultimi anni della sua vita: il celebre autografo Hamilton 90, che rappresenta probabilmente l’ultima volontà dell’Autore per la forma–libro della sua singolare opera. L’approccio esegetico qui sviluppato consiste quindi in un metodo di critica letteraria che unisce criteri paleografici e strumenti della linguistica moderna, in particolare i concetti dell’implicazione negata e di quella non negata, che si rivelano idonei a precisare il rapporto fra i termini tradizionali della concessività e della causalità.