Anni di silenzio su certi fatti eclatanti e volutamente taciuti della nostra Storia negli anni 1943-1945: un intero esercito italiano di 600.000 militari deportati nei lager sparsi su tutto il territorio tedesco e non solo.
Uomini che, soli, con la propria coscienza, scelsero il NO alla collaborazione con la Germania, per cui furono costretti alla fame, ad angherie inimmaginabili, da parte di coloro che ubbidirono ad un ordine folle di Hitler: i militari italiani nei lager non dovevano essere trattati come "prigionieri di guerra", ma come "Internati Militari Italiani" (I.M.I.), in dispregio al diritto internazionale di guerra.
Fu questa la qualifica per sottrarli a quell'assistenza ed al controllo che la Convenzione di Ginevra aveva assegnato alla Croce Rossa Internazionale. Gli IMI furono abbandonati al loro martirio per fame, gelo e costretti a lavori pesanti. È un tassello di storia sconosciuto ai più; ma da questa lettura di un episodio privato di un Maresciallo dei Carabinieri, nel contesto della 2a Guerra Mondiale, molti italiani, che hanno avuto in famiglia la storia analoga di un soldato, si possono identificare.