Operaio e militante, ma soprattutto uomo libero e solidale, Umberto Tommasini (1896-1980) è un tipico anarchico della sua generazione: non un dirigente o un teorico, di quelli che fanno la storia ufficiale. E neppure un esecutore, un ingranaggio delle macchine partitiche e sindacali.
Risolutivo e sonoro è l’io narrante del protagonista, un lavoratore manuale, che solo attraverso una lunga conversazione può trasmettere la memoria di un’autentica esistenza antiautoritaria: spontanea e cosciente, coerente e contraddittoria.
Egli affronta il carcere e mette di frequente a repentaglio la vita con estrema naturalezza e serenità. Mantiene intatta la propria integrità e ingenuità tra scontri armati, in particolare in Spagna, condanne, evasioni, attentati a Mussolini. Incontra, e spesso si scontra, con figure di rilievo della storia del movimento operaio italiano: Rosselli, Berneri, Valiani ma anche Di Vittorio, Vidali, Bordiga).
Dalla Trieste austriaca alla Prima Guerra Mondiale, dal biennio rosso al confino, dall’esilio a Parigi all’epopea spagnola, dal ritorno alla “città senza pace” al Sessantotto. Un lungo filo di impegno e di utopia unisce periodi e contesti radicalmente diversi nei quali si muove con la tranquillità e la determinazione di un essere umano attento e attivo.