A lungo gli storici della filosofia hanno relegato Paul Rée al ruolo di mera meteora, fugacemente apparsa nell’orbita dell’abbagliante astro nietzschiano. Solo in tempi recenti alcuni studi gli hanno restituito la giusta attenzione, concentrandosi su due direttrici principali della sua riflessione: da un lato l’originale rapporto con la filosofia di Schopenhauer, dall’altro il tentativo maturo di fondare la morale come scienza positiva, in dialogo serrato con l’utilitarismo e il positivismo inglesi, e in particolare con il pensiero di John Stuart Mill. Con la prima traduzione italiana de L’illusione della libertà della volontà. Le sue cause e le sue conseguenze (1885), ultima opera pubblicata da Rée, Simona Apollonio intende riportare in primo piano un aspetto dell’opera del filosofo rimasto ancora per lo più in ombra – ma tutt’altro che marginale, anche alla luce del suo dialogo intellettuale con Nietzsche – e cioè il serrato confronto critico che il filosofo intrattenne con il pensiero di Kant. Vero e proprio motivo conduttore della sua riflessione filosofica, la critica di Rée all’illusione della libertà del volere rivela il tratto più autentico del suo pensiero: la capacità di coniugare rigore analitico e sottile ironia entro una scrittura solo in apparenza asciutta ed essenziale ma dimostrare in modo da dare al cervello un senso di piacere, questo sa farlo solo Lei».